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E alla fine Paola se ne andò con l’amico Pierferdi
febbraio 14, 2010

Cara posta del cuore,

alla fine se n’è andata. Sbattendo la porta, senza salutare. Solo parole rancorose: quelle che ci si aspetta di sentire quando finisce qualunque rapporto, ma che comunque fanno male. Che le devo dire, cara posta del cuore? Proverò a farmene una ragione. Dimenticare Paola non sarà facile. Severa ma amorevole, ligia al dovere, un sergente di cattolico ferro con la grazia delle educande. Nel Pd era una stella cometa. Peccato che pochi l’avessero capito. Lo so che non mi ha mai amato. Mi ha appoggiato, sì, ma con riserva: “Voto Bersani”, disse alla vigilia della mia elezione alla segreteria del partito. “Poi decido”. Evidentemente, non le sono piaciuto abbastanza. Quando mi ha lasciato, mi ha rinfacciato di averle preferito Emma: “Proprio con la Bonino no”, mi ha detto. E io che quasi ci cascavo, mi lasciavo prendere dai sensi di colpa, salvo poi ricredermi quando ho visto con chi, la signora, si è riaccompagnata. Niente meno che Casini. Pensare che stavo anche provando a farmelo amico. E invece. S’è preso il mio pezzo da novanta, il mio incorruttibile ariete contro chi ci accusa di non essere sufficientemente cristiani. Almeno avesse scelto il bel Francesco. L’avrei capito di più. Forse, l’avrei anche accettato. E invece, mi ritrovo cornuto e mazziato. Paola e Pierferdinando: l’amico novello e la compagna che, ammetto, non ha mai voluto essere chiamata con questo nome. Forse, qualche dubbio sul suo conto, mi doveva venire prima.

Pierluigi confuso

Caro Pierluigi,

provo a immedesimarmi nella sua rabbia, e anche nel suo rancore. Ma la storiella dell’amico, mi perdoni, è vecchia come il mondo. Se poi l’amico non è di comprovata fedeltà – e mi pare sia il caso del caso del suo Pierferdinando – avrebbe dovuto essere ancora più prudente. In casi come il suo, il consiglio che mi sento di darle non è dei più nobili, anche se è fuor di dubbio dei più  efficaci. Non si crucci, e provi col chiodo schiaccia chiodo. Vedrà che funziona. E poi, scusi se mi permetto, meglio un’Emma oggi che una Binetti domani.